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Fiat vexatio!

Fiat vexatio!

Autore: Emilia Urso Anfuso
Data: 15/01/2011 13:50:25

 (Video: Tempi moderni - 1936)

 

Alla fine dell'800, ebbe inizio una trasformazione sociale veramente storica. Per la prima volta, venne considerato il fatto che un lavoratore potesse avere dei diritti oltre che a molti doveri. Si vennero a creare così le prime Società di mutuo soccorso , che avevano lo scopo di iniziare a regolamentare la materia. Bisogna attendere il 1870 per osservare la formazione di ciò che è riconducibile all'attuale concetto di Sindacato. Bisogna inoltre sapere, che di Sindacati ne esistono di due generi: c'è il sindacato che tutela i lavoratori e quello che tutela e regolamenta i datori di lavoro.

 

Decenni e decenni trascorsi a considerare e riflettere sul rapporto fra datore di lavoro e lavoratore. Lotte. Guerre di strada. Seminari e congressi. Scontri. Riappacificazioni. Compromessi. Morti. Il tutto, per giungere alla considerazione che chi propone il lavoro debba avere chiaro in mente che un lavoratore NON è una macchina da sfruttare fino alla riduzione all'inattività per cause da super lavoro o ancor peggio da vessazioni che spesso giungono al mobbing.

 

Attraverso la storia dei diritti dei lavoratori, si è passati ad esempio da giornate lavorative con un monte ore impressionante e senza nemmeno l'ombra di pause ristorative, ad una miscela di accordi e compromessi che hanno reso la vita lavorativa di molti – ad esempio gli operai impegnati nelle catene di montaggio – che potesse rendere meno gravoso l'affanno di chi sta dall'altra parte della barricata.

 

Bisogna pensare ad esempio, che fino agli anni '60, molti lavoratori erano abituati a chiamare il datore di lavoro "padrone" e questo la dice lunga su tutto ciò che stiamo prendendo in esame. Il "padrone" passò dall'essere capo supremo delle vite dei propri impiegati, ad un manager in grado di considerare questi ultimi "addirittura" come Esseri Umani. Può sembrare aberrante, ma è la realtà dei fatti.

 

Uno degli strumenti nati al fine da dare a tutti i lavoratori un margine estremo di contrattazione, fu la possibilità di manifestare. Attraverso la pubblica manifestazione infatti, si è reso possibile non solo di mettere in allarme le categorie di settore ma anche di mettere in luce pubblicamente le criticità fra lavoratori e datori di lavoro.

 

Per decenni in Italia, le strade hanno accolto milioni di lavoratori che hanno preteso ascolto e contrattazione attraverso questa pratica. Ciò che però ne è scaturito col tempo, è stata una sorta di indifferenza da parte delle categorie industriali, che mano a mano hanno risposto con sordità o quasi alle molte manifestazioni organizzate negli anni. Un modo per tornare un pò indietro e dimostrare una volontà all'indifferenza per ciò che riguarda i sempre discussi diritti dei lavoratori.

 

I sindacati negli anni, hanno operato allo scopo di tenere in armonia questi rapporti, dove da un lato troviamo somministratori di lavoro mai ben sostenuti dai Governi in carica per migliorare le condizioni dei lavoratori, e dall'altra lavoratori che hanno continuato a trovare inaccettabili alcune lacune normative e spesso hanno dovuto chiedere a gran voce il rinnovo di quel contratto collettivo nazionale di lavoro che, introdotto nel 1927 fu reso operativo solo nel 1941.

 

Siamo ai nostri giorni. Lontani dalle manifestazioni degli anni '70 e da quelle più recenti già regolamentate dal Ministro Brunetta con una operazione di "taglio" alle possibilità di utilizzare questo strumento in maniera adeguata. Siamo ad un conflitto fra Stato ed Impresa privata – la Fiat – che negli anni, è risaputo, ha avuto facoltà di ottenere grandi finanziamenti dall'Italia ed ancor più precisamente dagli stessi operai che l'hanno resa celebre e ricca.

 

Nel breve spazio di un paio di anni, con la Fiat rivolta sempre più verso i mercati esteri, si arriva alla quotidianità che parla di passi indietro. Restrizioni dei diritti dei lavoratori. Riconsiderazione del contratto collettivo nazionale. Con un gioco pesante, la dirigenza dell'impresa mette i lavoratori nella condizione di dover accettare un abuso: stop al contratto collettivo nazionale, stop con le pause rigeneranti, stop con le consuete 8 ore di lavoro che divengono 10. Pena la perdita della condizione lavorativa, già difficile e precaria. In alcuni casi negata.

 

Nel brevissimo tempo di una giornata, tutti i lavoratori della Fiat vengono chiamati a creare un'aberrazione in più: scegliere – per tutti i lavoratori – di fare mille passi indietro nella storia dell'evoluzione sociale e civile italiana. Nessun possibile compromesso. Nessuan possibile contrattazione. O così o a casa tutti. Si uccide per la seconda volta chi di lavoro è morto, per una ragione o per l'altra. Ma non importa: il diktat è uno solo. Gli interessi di una azienda che dopo aver sfruttato l'Italia e gli italiani, pensa bene di farsi ancora i fatti prorpi, rivolgendo il rporpio interesse altrove. Molto lontano.

 

In poche ore, abbiamo perso tutti qualcosa di importante: la dignità e la coerenza. Siamo tutti vittime di un abuso. Abbiamo sparso sangue inutilmente, e dato denaro senza contropartite. Una volta in più, nel nostro Paese, si obbligano i cittadini ad essere spettatori di un ulteriore vessazione che è solo all'inizio di un percorso che non porterà del bene se non a chi decide e muove i fili. A cosa è servita la Storia? Le evoluzioni? Le lotte? I morti? Le riflessioni? A nulla, perchè ora tutto è riportato ai tempi in cui si pensava di creare un mondo nuovo che parlasse di dignità e diritti.

 

C'è da temere che il nuovo Liberismo in cui stiamo vivendo, porterà solo acciacchi a chi già è acciaccato. E non permetterà a molti di partecipare all'evoluzione economica del nostro Paese.

Ricchi sempre più ricchi vesseranno poveri sempre più poveri. E 'fanculo la dignità e la coerenza, che non fanno mai guadagnare abbastanza chi non sa guardare oltre il proprio naso.

Ritornare al passato è già possibile, senza nemmeno doversi inventare la macchina del tempo. Questa volta però, non ha il sapore delle cose ritrovate, bensì l'amaro dele cose perse.


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